Il mio interesse nei confronti della percezione tattile viene da lontano ed ora, sia come insegnante d’arte nella scuola media, sia come autore di libri, si è rafforzato. Sono sempre stato affascinato dalla bellezza della materia. Ho avvertito spesso il bisogno di avvicinarmi alle cose e di sentire, attraverso il contatto fisico, quelle sensazioni che potessero rendere più intensa e completa l’esperienza della conoscenza. Questa percezione intensa ha arricchito molte volte le mie passeggiate ed i miei viaggi. In qualche caso addirittura, le ‘immagini’ più forti che ho conservato di un luogo sono state prodotte da memorie tattili. Sono ricordi legati alle asprezze ed alle morbidezze degli elementi naturali ma anche alla rugosità di un muro accarezzato dalla luce radente del sole o all’ondulazione levigata di un pavimento in pietra. E in effetti quanta meraviglia si prova esplorando una piccola superficie! Quanto paesaggio si può scoprire anche in pochi centimetri quadrati!
Toccare, sentire una superficie (la ‘pelle’ delle cose) consente di avvicinarsi ad una conoscenza molto profonda del mondo perché permette di avere un contatto intimo con un luogo, una persona o anche solo una materia. E’ un movimento verso un sapere sensibile. E’ un viaggio. Anzi, può essere il viaggio. L’esplorazione e la scoperta sono due temi importanti, sono parole-guida nel lavoro che svolgo con gli allievi. Lavorando in classe per me è molto importante far conoscere ai ragazzi soprattutto i materiali ‘poveri’ che, utilizzati distrattamente ogni giorno e considerati spesso privi di valore, posseggono invece caratteristiche importanti e particolari che possono essere evidenziate. Propongo spesso il cartone da imballaggio: un prodotto apparentemente banale che si rivela invece una grande risorsa. Può essere abraso, scavato, aperto, grattato, schiacciato… ed ognuna di queste operazioni consente di ottenere superfici assolutamente differenti. Nelle mie attività di laboratorio io non vedo tutto questo come un semplice riciclo ma come la scoperta di una ricchezza nuova, di una preziosità inaspettata.
Nell’attività didattica è possibile affrontare il tema della superficie anche mettendo a disposizione un semplice foglio di carta. La carta manipolata può modificare il suo aspetto in modo anche radicale. Sotto le nostre mani non si verifica una semplice trasformazione ma una vera trasfigurazione della materia. La superficie della carta manipolata può imitare la roccia, la stoffa, la pelle rugosa di un volto o l’ondulazione di una collina… In classe si scopre dunque che la carta ha in sé molti altri materiali. Considero estremamente affascinante e stimolante sfruttare questa possibilità nella scuola. Nel lavoro didattico, il contatto intimo con le superfici e con la carta in particolare, è infatti la premessa non solo per progettare in classe libri tattili, ma anche per realizzare le immagini che i miei allievi applicano sui quaderni e con le quali illustrano gli argomenti trattati di volta in volta nelle lezioni. Il quaderno diviene quindi esso stesso una sorta di libro tattile di cui assume presto anche il caratteristico spessore… corposo!
Naturalmente la passione nei confronti della carta ha trovato uno spazio importante nella mia attività di progettazione di libri dedicati anche a lettori con disabilità visiva. Con Cuore di pietra, una piccola storia nella quale racconto di un sasso un po’ speciale dotato della sensibilità al piacere e al dolore, sono partito proprio da un piccolo frammento di carta stropicciato che era casualmente sul mio tavolo di lavoro. Quel foglio, dunque, avendo perso le sue caratteristiche iniziali, si prestava a rappresentare un materiale assolutamente diverso; anzi un vero e proprio personaggio. Nel racconto, il sasso ‘sente’ il mondo che lo circonda: il calore del sole, la pioggia, l’erba morbida, i serpenti sinuosi che gli strisciano sopra. Ho utilizzato allora la carta non per riprodurre la realtà ma, con il pretesto di rappresentare un luogo (il prato), ho voluto invece ricreare uno stato d’animo, una sensazione legata alla presenza degli elementi naturali. Attraverso immagini tattili astratte ho cercato un’emozione.
Penso che la lettura di un libro tattile possa essere un’esperienza profonda. Credo anche che l’essenzialità e la potenza evocativa di un’illustrazione siano gli strumenti più forti, a disposizione di un autore, per riuscire a realizzare questa esperienza. L’astrazione è, secondo me, una strada maestra e la carta offre una grande opportunità espressiva. Per illustrare la scena in cui il sasso è colpito con vari strumenti dall’uomo-scultore, ho creato alcune superfici che, toccate dalle dita del lettore, fossero in grado di evocare il dolore fisico. Sono intervenuto allora sulla carta con tagli, perforazioni, abrasioni per suggerire il brivido, il tremore, la sofferenza, senza però mostrare i personaggi. Quando le dita ‘viaggiano’ sulla pagina, leggono infatti un paesaggio fisico, ma alla fine conducono chi legge (adulto o bambino) verso un mondo interiore che supera il limite della storia raccontata e che è diverso per ognuno di noi. Io credo infatti che il compito di un’immagine tattile non sia solo quello di accompagnare il testo, ma di suggerire anche ciò che non è esplicitamente detto nella storia.
Sophie Curtil, nelle illustrazioni di Ali ou Léo, è riuscita ad evocare le infinite meraviglie descritte nel testo utilizzando la goffratura, cioè una tecnica di grande semplicità che sfrutta l’impressione a rilievo sulla carta. La goffratura permette di rappresentare un oggetto mostrando solamente la sua forma essenziale. L’immagine tridimensionale che si forma applicando sulla carta l’oggetto ed esercitando una forte pressione, non è più la rappresentazione della realtà ma solamente il ricordo di una forma originaria. L’impronta di elementi molto semplici si presta dunque ad essere reinterpretata: una catenina può rappresentare un serpente, un bottone può diventare un oggetto prezioso, etc…
Progettando il libro Troppo ordine, troppo disordine, ho voluto sfruttare questa possibilità utilizzando l’impronta lasciata dallo spago e da piccoli oggetti metallici per costruire i differenti paesaggi di due pianeti abitati da strani popoli con comportamenti incompatibili. La semplice storia è addirittura quasi un pretesto per realizzare, con l’utilizzo dei materiali, composizioni sempre diverse. La goffratura si può dunque considerare uno strumento di grande utilità nella realizzazione di libri tattili perché dotato di notevole potenza evocativa.
E’ chiaro comunque che, nella progettazione di albi illustrati dedicati a lettori con disabilità visiva, non esiste sicuramente una tecnica privilegiata. Si può forse dire che la tecnica ‘migliore’ è quella che riesce a trasformare il libro in un trampolino di lancio per l’immaginazione. Le esperienze che ho avuto finora come autore e come insegnante, attività che io considero vicine e permeabili tra loro, mi hanno mostrato che si può trovare la meraviglia nella semplicità. In un’epoca in cui assistiamo spesso alla ricerca compulsiva del superfluo è importante lavorare per far in modo che le persone, ma soprattutto i bambini e i ragazzi, scoprano questa possibilità. Credo che una simile conquista possa essere considerata davvero un piccolo miracolo necessario.
Mauro L. Evangelista
Illustratore e Docente di Educazione artistica nella scuola secondaria di I grado
scarica il pdf