Francesca Piccardi – I libri tattili illustrati nel processo di educazione all’immagine del bambino con deficit visivo

Approfondimenti

I libri tattili illustrati sono libri ideati e realizzati per i bambini con deficit visivo che presentano caratteristiche ben precise, in particolare: illustrazioni in rilievo realizzate con materiali e texture diversi, testo scritto sia in Braille sia a caratteri ingranditi. I primi libri tattili illustrati, per la prima infanzia, sono stati realizzati in Italia dall’Istituto dei Ciechi di Milano agli inizi degli anni Settanta. Da alcuni anni anche la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi è impegnata attivamente, attraverso diversi progetti e collaborazioni anche internazionali, nella produzione e distribuzione dei libri tattili illustrati.

Si tratta di libri che nascono per rispondere alle necessità educative dei bambini con minorazione visiva, ma in realtà, come è stato più volte sottolineato in diversi contesti, sono libri fruibili da tutti i bambini, rispondendo quindi al principio della condivisione perseguito da molti anni dalla ricerca tiflologica di nuovi sussidi. È innegabile, infatti, e ampiamente sperimentato da molti contributi pedagogici, che una lettura plurisensoriale, attraverso libri che si possono toccare, ascoltare, manipolare, oltre che guardare, rappresenti una notevole fonte di sviluppo per tutti i bambini, a livello cognitivo, linguistico, immaginativo e affettivo – relazionale. Pertanto questi libri andrebbero considerati comunemente “libri per bambini”, “libri per ragazzi”, ed essere presenti nelle biblioteche, nelle librerie, nelle scuole, a disposizione di tutti. Ciò purtroppo non accade, per una serie di motivi legati soprattutto al lungo lavoro di manodopera, al costo elevato, alla tiratura limitata, ma non è questa la sede opportuna per affrontare la questione. L’aspetto, infatti, che mi preme sottolineare non è tanto la “condivisione”, quanto la specificità: ben venga che i libri tattili illustrati possono essere utilizzati da tutti, ma devono comunque essere pensati e realizzati per bambini con deficit visivo, quindi devono essere costruiti nel rispetto delle esigenze percettive del tatto. In tal senso si configurano come veri e propri sussidi tiflodidattici in grado di promuovere e facilitare fondamentali processi di apprendimento, pertanto diventano indispensabili nell’azione educativa.

Nel processo educativo del bambino con deficit visivo, infatti, i sussidi tiflodidattici, tra cui i libri tattili illustrati, rivestono un ruolo pedagogico importante per ogni area di sviluppo: per lo sviluppo affettivo – relazionale, psicomotorio, linguistico e cognitivo, configurandosi come uno strumento essenziale per l’acquisizione di numerose abilità e competenze. Sentir leggere ad alta voce il papà, la mamma, e più tardi gli insegnanti, è un fattore importantissimo nel preparare il bambino a diventare un “buon lettore”, cioè una persona che ama leggere, che ha la voglia, l’interesse e la curiosità di conoscere. Ascoltare la storia, provare poi raccontarla, a ricordare le sequenze narrative, potenzierà, in primo luogo, la sua capacità di ascolto e di comunicazione (anche in termini di espressione di emozioni, sentimenti e paure) ma aumenterà anche le sue capacità mnemoniche, linguistiche e lessicali.

Toccare ed esplorare le immagini in rilievo, stimolerà la sua curiosità a toccare, potenziando quindi le sue capacità di analisi percettiva e di esplorazione tattile. Girando le pagine del libro ed interagendo con le diverse attività che il libro può proporre (aprire, chiudere, girare, alzare, tirare, ecc), potenzierà le sue capacità di motricità fine e i concetti spaziali. Leggendo le immagini tattili, il bambino imparerà ad associare la situazione rappresentata con la sua esperienza reale, arrivando gradualmente a comprendere il concetto di simbolo iconico. In tal senso, quindi, i libri tattili si rivelano uno strumento prezioso per lo sviluppo cognitivo, in quanto rinforzano la capacità di rappresentazione mentale. Si configurano, insomma, come un vero e proprio strumento di apprendimento che deve comunque essere proposto in un contesto ludico, in cui il bambino si diverte e partecipa con gioia e interesse all’attività.

L’approccio quindi al libro tattile deve prevedere uno stile di lettura “dialogato – ludico”, in cui l’adulto legge la storia, guida l’esplorazione tattile delle immagini, coinvolge il bambino nel ricostruire la storia. I prerequisiti indispensabili per l’utilizzo dei libri tattili illustrati sono essenzialmente due, legati in maniera imprescindibile tra loro:
1. il bambino deve saper “leggere” le immagini tattili
2. le immagini tattili devono essere realizzate nel rispetto delle esigenze percettive del tatto

Il bambino può imparare a “leggere” le immagini tattili e a discriminare quanto è rappresentato in rilievo grazie ad un percorso educativo specifico di “educazione all’immagine”.

Cosa si intende per educazione all’immagine?
L’educazione all’immagine è un’educazione alla lettura, alla discriminazione e quindi al riconoscimento, delle immagini bidimensionali rappresentate in rilievo. Si tratta di un processo di apprendimento che deve necessariamente partire da un’intensa attività di educazione di tutti i sensi residui, in particolar modo dall’educazione a toccare. È un processo che si configura, in termini metodologici, in maniera specifica per il bambino non vedente e il bambino ipovedente; in questo contesto, mi riferirò esclusivamente al percorso del bambino non vedente.

Cosa significa educazione a toccare?
È un luogo comune credere che un bambino non vedente sia dotato di una maggiore sensibilità tattile, per cui sia “portato naturalmente” a toccare, anzi è vero proprio il contrario. Il bambino non vedente spontaneamente non tocca nulla, deve essere stimolato a toccare, proponendogli oggetti diversi per peso, forma, temperatura, dimensione, materiale, nell’ambito della comune vita quotidiana, nonché di attività ludiche guidate e di esperienze senso – motorie. Nei primi anni di vita, il ruolo primario dei genitori e degli educatori è quello di infondere nel bambino non vedente una sana curiosità verso il mondo esterno, un mondo popolato da tantissimi oggetti che si possono toccare, ascoltare, odorare, mordere, manipolare. La curiosità a toccare è il presupposto indispensabile all’apprendimento della capacità di esplorazione tattile, o meglio di esplorazione aptica. Parliamo di esplorazione aptica (dal greco haptomai che significa “sfiorare”, toccare con attenzione) quando il toccare diventa un’azione attiva, sistematica e intenzionale; quando le mani non si limitano ad afferrare l’oggetto, ma si muovono su di esso in maniera armonica, ordinata e coordinata, compiendo prima un processo di analisi poi di sintesi delle diverse caratteristiche dell’oggetto.

La percezione tattile consente al bambino non vedente una conoscenza stereognostica, cioè tridimensionale, degli oggetti della realtà, per cui attraverso l’educazione all’immagine il bambino deve arrivare gradualmente a comprendere che tutti gli oggetti della realtà (che lui conosce e di cui ha un’esperienza tridimensionale) possono essere rappresentati su un piano in maniera bidimensionale con una forma via via sempre più schematica, comunque percepibile tattilmente. Questo percorso graduale, che si chiama “Dalla realtà al simbolo”, ha inizio con la manipolazione e la conoscenza degli oggetti concreti, quindi prevede l’utilizzo di sussidi tiflodidattici strutturati e attività metodologiche specifiche quali la modellatura e il disegno in rilievo, attraverso strumenti specifici con cui il bambino non vedente può imparare a rappresentare la realtà e a disegnare. Se questo processo non si verifica nei tempi e nei modi corretti, il bambino avrà difficoltà a “leggere” e a decodificare, le immagini in rilievo.

Nel processo di educazione all’immagine, i libri tattili strutturati rivestono un ruolo importantissimo: devono essere proposti al bambino secondo un itinerario graduato che tenga conto delle sue abilità e dei suoi tempi di sviluppo. Questo percorso metodologico, prevede che le prime immagini tattili da proporre al bambino non vedente sono quelle dei cosiddetti “Libri Realtà” che devono essere costruiti dai genitori e dagli educatori con gli oggetti che conosce il bambino: si tratta di libri in cui gli oggetti reali devono essere attaccati su ogni pagina, prima con il velcro poi con la colla. Le possibilità di costruzione sono infinite: si possono utilizzare ad esempio le posate che usa per mangiare, gli oggetti necessari per lavarsi, quelli per pettinarsi, i giochi, ma anche gli elementi raccolti in giardino, al parco, nella gita al mare o in montagna, ecc.

Offrire al bambino la possibilità di esplorare tattilmente gli oggetti che conosce nella loro tridimensionalità e che, attaccandoli, hanno perso la prima caratteristica che è la spazialità, è il primo passaggio fondamentale verso la rappresentazione mentale e la simbolizzazione. Successivamente si potranno proporre libri tattili illustrati ad alta somiglianza che propongono non oggetti concreti, o non solo oggetti concreti, ma immagini tattili simili al reale, in grado di far evocare una realtà, un oggetto, o una situazione che il bambino già conosce. È importante infatti che il bambino possieda una conoscenza diretta degli elementi protagonisti della storia, o che comunque abbia la possibilità di evocarne l’immaginabilità per analogia. Infine, quando il bambino non vedente sarà in grado di svolgere il “gioco simbolico”, si potranno proporre libri tattili simbolico – figurali in cui alcuni elementi delle immagini sono rappresentati attraverso simboli arbitrari e figurali.

Il bambino non vedente, quindi, deve essere avviato alla lettura delle immagini tattili secondo un preciso programma personalizzato, e soprattutto nel rispetto dei suoi tempi di sviluppo. Le immagini tattili, però, per poter essere “lette” dalle mani del non vedente devono essere realizzate nel rispetto di diversi “criteri di costruzione” che rispondono alle esigenze percettive del tatto. Se in linea generale sappiamo che il tatto non può percepire particolari molto piccoli e troppo vicini tra loro, il primo criterio da tenere in considerazione è proprio la forma degli elementi che compongono l’immagine, ma anche lo spessore dei materiali, la dimensione delle figure, le diverse texture e i colori.

Vediamo allora quali sono i principali criteri di costruzione da rispettare:
1) Criteri di forma . Le figure che compongono l’illustrazione devono essere semplificate, eliminando i particolari inutili; devono essere facilmente riconoscibili nella loro interezza, autonomamente dal bambino o grazie alla guida dell’adulto; non devono essere sovrapposte, ma allineate e distanziate a sufficienza; inizialmente (per bambini in età prescolare) devono mantenere la visione frontale nella rappresentazione della schema corporeo e la visione laterale per gli animali.
2) Criteri di tessitura . Devono essere utilizzate tessiture e materiali diversi e piacevoli da toccare, pregnanti e significativi da un punto di vista percettivo, rispettando in maniera precisa il criterio di assegnazione: se si utilizza ad esempio la carta crespa per l’erba, non è opportuno riutilizzare la stessa per rappresentare un altro elemento.
3) Criteri di spessore . La soglia minima di percezione della linea in rilievo è di ½ mm di altezza e ½ mm di larghezza, ma per discriminare facilmente la figura dallo sfondo è opportuno utilizzare spessori di almeno 1 mm
4) Criteri di posizione . Gli elementi devono essere collocati secondo un criterio di ordine spaziale che consenta al lettore una lettura d’insieme dell’immagine, utilizzando le due mani aperte; quando necessario è opportuno rappresentare la linea di terra non solo per contestualizzare maggiormente gli elementi raffigurati, ma soprattutto per facilitare l’esplorazione da parte del bambino.
5) Criteri di dimensione . È necessario rispettare la proporzione tra le diverse parti dell’oggetto e tra i diversi elementi dell’immagine, in funzione delle capacità esplorative del bambino. La riproduzione degli elementi va fatta nel rispetto delle due dimensioni, secondo una visione frontale o in pianta (proiezioni ortogonali), perché la prospettiva, produce significative deformazioni dell’oggetto che difficilmente possono essere colte con immediatezza dalla mano del non vedente.
6) Criteri di colore . È opportuno utilizzare colori primari a forte contrasto nella scelta delle diverse tessiture e dei vari materiali, rispettando la corrispondenza cromatica con la realtà, innanzi tutto per facilitare la discriminazione visiva ai bambini ipovedenti, per favorire la condivisione con i bambini vedenti, ma anche perché il bambino non vedente ha diritto all’informazione cromatica che contraddistingue la realtà (una texture gialla per il sole, una verde per l’erba, una grigia per le nuvole, e così via)
7) Criteri di congruenza . È fondamentale mantenere una corrispondenza precisa tra l’immagine tattile e l’informazione scritta in Braille e a caratteri ingranditi.

Rispettando i suddetti criteri l’immagine tattile diventa fruibile, cioè può essere “letta”, interpretata, e decodificata dal bambino non vedente. Inizialmente, la lettura non può essere autonoma, il bambino deve essere guidato e accompagnato dall’adulto (genitore, insegnante), leggendogli il testo ad alta voce, guidando l’analisi tattile delle illustrazioni, aiutandolo a compiere mentalmente operazioni di confronto, a scoprire analogie e differenze con l’oggetto reale. É opportuno, inoltre, verificare che quanto rappresentato in rilievo sia interpretato correttamente dal bambino a livello immaginativo, magari richiedendogli la rappresentazione attraverso i suoi strumenti per il disegno in rilievo. Nella realizzazione di libri tattili, altri criteri di costruzione da considerare sono il formato delle pagine, l’orientamento, la resistenza e la sicurezza dei materiali scelti, il numero delle illustrazioni, oltre a quelli inerenti la copertina e il tipo di rilegatura. Anche l’adattamento tattile dei testi comuni e la realizzazione autonoma di libri tattili, da parte degli insegnanti e dei genitori, deve ovviamente tener conto dei criteri di costruzione e delle esigenze percettive del tatto, senza farsi prendere troppo dalla tentazione di realizzare semplicemente qualcosa di “bello da vedere”. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che talvolta non è sufficiente realizzare in rilievo il contorno di un oggetto per renderlo fruibile al tatto, oppure adattare con texture diverse alcuni elementi delle immagini di un libro per renderle significative da un punto di vista percettivo (ad esempio attaccare una stoffa pelosa su una pagina del libro per rappresentare un particolare di un animale). Si tratta certo di esperienze comunque apprezzabili, che diventano veramente significative in un contesto di condivisione con i compagni vedenti e soprattutto se c’è una buona mediazione verbale da parte dell’adulto che aiuta il bambino a comprendere quanto realizzato, attraverso confronti, analogie e generalizzazioni. In caso contrario si corre il rischio di generare un apprendimento frammentario, mnemonico e nozionistico, non corrispondente al reale, e di non suscitare nel bambino un’adeguata capacità di analisi tattile, soprattutto in termini di interesse e motivazione.

Le illustrazioni in rilievo, invece, se ben realizzate, sono altamente motivanti per l’esplorazione tattile, mantenendo vivo l’interesse e la curiosità, offrendo al bambino la possibilità non solo di “ritrovare” tattilmente oggetti che già conosce, ma addirittura di ampliare il patrimonio immaginativo. Attraverso le immagini tattili, infatti, il bambino non vedente potrà conoscere oggetti, ambienti e situazioni lontani dalla sua esperienza concreta o impossibili da esperire direttamente (la tigre, la giungla, il polo nord, gli elefanti, la giraffa, le nuvole, il sole, ecc). Attraverso le immagini tattili, inoltre, potrà avere la possibilità di conoscere le modalità di rappresentazione grafica di quegli elementi tipici del disegno infantile: il sole, l’albero, il cielo, le nuvole, la casa.

Concludendo, vorrei sottolineare un ultimo aspetto. I libri tattili illustrati, se sono realizzati nel rispetto della “specificità” della minorazione visiva, si configurano come uno strumento prezioso non solo per l’apprendimento di numerose abilità e competenze, ma anche per suscitare il desiderio di leggere, la curiosità, la fantasia e la passione per la lettura. Si tratta di sentimenti che non nascono naturalmente in
nessun bambino, siamo noi educatori che possiamo alimentarli fin dalla più tenera età, anche senza avere particolari competenze pedagogiche. Imparare a leggere è un processo di sviluppo che comincia dalla nascita ed è dal piacere dell’ascolto, della narrazione e del racconto che nasce, anche nel bambino non vedente, il desiderio di leggere e di conoscere. È dalla possibilità di toccare, scoprire e riconoscere un mondo oggettuale, concreto e simbolico, che si alimenta la fantasia e l’immaginazione.

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